Te lo ricordi il primo de Le Luci della Centrale Elettrica? “Canzoni da spiaggia deturpata”

da | Giu 11, 2020 | News

2008/2018 Tra la via Emilia e la Via Lattea, Terra, Costellazioni, C’eravamo abbastanza amati, Per ora noi la chiameremo felicità, Canzoni da spiaggia deturpata: un viaggio a ritroso nel 2008, dieci anni di emozioni. Dieci tracce dal realismo affilato compongono Canzoni da spiaggia deturpata, l’album d’esordio del progetto Le Luci della Centrale Elettrica, vincitore del […]

2008/2018 Tra la via Emilia e la Via Lattea, Terra, Costellazioni, C’eravamo abbastanza amati, Per ora noi la chiameremo felicità, Canzoni da spiaggia deturpata: un viaggio a ritroso nel 2008, dieci anni di emozioni.

Dieci tracce dal realismo affilato compongono Canzoni da spiaggia deturpata, l’album d’esordio del progetto Le Luci della Centrale Elettrica, vincitore del Premio Tenco come Migliore Opera Prima. Vasco Brondi, 24 anni è l’unico nome che sta dietro a questo meraviglioso complesso di luci.

La chitarra acustica è presente in tutto il disco ma nessun motivetto felice da cantare attorno ad un falò.

L’aggettivo ‘deturpata’ accentua un logoramento prossimo alla distruzione totalizzante di questa spiaggia, metafora del posto in cui viviamo, sulla quale gravita il malessere della società del terzo millennio.Descrizioni di situazioni urbane troppo industrializzate, numerosi stream of consciousness associati a concetti astratti e metafore talvolta forzate, compongono i testi di queste canzoni che non assumono la forma della ballad tradizionale: parole in libertà dal tono per niente idillico, quanto invece macchiate di smog, di fumi di una centrale elettrica sul finire del primo decennio del Duemila. Il risultato è la disillusione nei confronti della contemporaneità e allo stesso tempo, l’evocazione di un passato di gran lunga migliore di un  presente in cui “i CCCP non ci sono più”.

Pochi i ritornelli, urlati con voce nichilista, graffiante perché VascoBrondi  ci offre semplicemente quello che sente dentro senza velleitarie aspirazioni e in questo non si tradirà mai; il tutto accompagnato da una chitarra acustica e da riff elettrici indifferenti a regole armoniche. Un musicista importante, Giorgio Canali, ha curato quella che era la demo scarna iniziale presentata l’anno prima conferendo, musicalmente, maggior valore ad un disco dalla potenza straziante che nel bene o nel male ha fatto tanto parlare di Vasco Brondi.

Il progetto de Le Luci della centrale elettrica si spegne nel 2018. Gli album ordinati cronologicamente rappresentano una curva in evoluzione in termini di maturità personale e artistica che, con Terra, tocca il suo punto più alto: una positività sempre più accentuata nei temi e nelle atmosfere. Dunque, tornare a ritroso a parlare di Canzoni da spiaggia deturpata significa fare il viaggio dantesco all’indietro, perché quella realtà così provinciale e limitante era il personalissimo inferno di Vasco Brondi e di chi, come me, si sia immedesimato in queste storie dall’amarezza neorealista.

Lacrimogeni apre l’album. E’ una bellissima richiesta di aiuto, di protezione dal veleno della società che riesce ad annullare il minimo tentativo di reazione eccetto quella di desiderare realtà utopicamente possibili:

Rovistando tra i futuri più probabili
Voglio solo futuri inverosimili
E proteggimi dai lacrimogeni e dalle canzoni inutili

Per combattere l’acne è stata la mia lullaby per anni. Sin dagli arpeggi introduttivi il brano assomiglia molto alla ninna nanna di una notte che ci rimbocca le palpebre, o ci accarezza i “capelli che sono fili scoperti, che sono nastro isolante”. Un nastro isolante che ci protegge dalla tensione di un mondo troppo lontano dal nostro così periferico, così individuale. Nastro isolante che ci difende dall’ansia causata dalla futilità delle sovrastrutture sociali:

Benedirci in chiese chiuse e in farmacie compiacenti
Sposarci con i cerotti usati

Piromani spacca il disco a metà: è la traccia più intensa. Ogni volta che la ascolto ho la visione di un corto che scorre spietato e risponde scattante a un “Ti ricordi?”

delle sere a sbranarsi e delle sere a strafarsi?

Ad ogni ascolto Piromani dà voglia di dar fuoco ai ricordi, a quel che rimane. E’ un brano che fa male perché tutti almeno una volta nella vita avremmo voluto trasformare “questa città in un’altra cazzo di città”. E’ intensa perché tutti abbiamo urlato, o solo ambito a farlo, “Addio, fottiti” quando in realtà avremmo voluto dire “Aspettami”.

Con La lotta armata al bar, Vasco Brondi si supera. Una frase del testo recita “e tutti gli altri libertini che sono stati biodegradati”. Altri Libertini è il titolo della prima opera di Pier Vittorio Tondelli, dal tono provocatorio, anticonformista. Le scelte stilistiche  di Tondelli inaugurano un linguaggio nuovo, messo in bocca a giovani in cui immedesimarsi: protagonisti di una nuova società dove i sogni sono ormai difficili da realizzare dove la droga, altre sovversioni e la fuga, anche da sé stessi, sembra l’unica via percorribile.

Facevi risorgere i binari morti e ricucivi i polsi a tutti

Tondelli era un emiliano postmoderno. In questo disco c’è tutta l’Emilia di Vasco Brondi.

Infine, Nei garage a Milano nord chiude il disco. E’ una critica alla città simbolo dell’urbanizzazione, dove le istruzioni per un conformismo generale sono appese in bella vista pronte a generare “fotocopie del cielo milanese” cioè, chi in quel cemento d’oro si è ben integrato. L’encomio alla borghesia arrivista riassunta dalla celebre espressione “Milano da bere”. Una crisi sociale da metabolizzare per chi sta dall’altra parte e attento, si accorge che quella realtà metropolitana è diventata una “Milano da pere”: nei Garage a Milano nord dove “per ammazzare il tempo ci siamo sconvolti” di fronte agli automi della modernità.

La chance è il conformismo con tanto di “istruzioni per abbracciarsi” ma c’è chi sceglie di sconvolgersi, che comunque in gergo significa drogarsi. A confermare lo scenario dark, la chiusa del brano in cui vengono citati alcuni versi di Rino Gaetano che molto si allontanano dalla positività della sua Ma il cielo è sempre più blu, reinterpretati con amarezza:

Chi muore a lavoro

Questo verso si ripete in loop fino a quando il pezzo finisce e il disco smette di girare. Canzoni da spiaggia deturpata è per noi, figli “di questi cazzo di anni zero”, dell’incertezza, della precarietà, per noi con due lauree e un master in mano, per noi “con un contratto andato a male”, per noi ancora alla ricerca di un lavoro, purché sia senza esperienza.

 

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